La chiesa del Purgatorio
Testimoni silenziosi di secoli di storia si ergono accanto al Palazzo del Principe di Bisignano i ruderi della Chiesa del Purgatorio, chiusa e abbandonata dopo gli anni '30 del '900, che un progetto del Nibbio mira oggi a recuperare.
Le origini della chiesetta non sono note. Il Salmena ipotizzava la sua fondazione nel XII secolo da un'antica congregazione di nobili moranesi che l'elessero a sede e vi stabilirono la propria sepoltura. Non sono sopravvissuti documenti che possano suffragare quest'ipotesi, né che possano smentirla.
Il fervore dei Sanseverino - feudatari di Morano dalla prima metà del 1400 agli inizi del 16001 - nel restauro di antichi edifici di culto e nell'avvio di nuove fabbriche2, potrebbe suggerire anche che ad essi, per edificazione o rifacimento, sia legata la Cappella, di fatto compresa fra vari edifici del Principe.
Di certo la chiesetta esisteva già nella prima metà del '500. Nella Platea del 1546 di Sebastiano della Valle Platea del 1546. Habet etiam aliam domum in tribus membris et alio tabularum consistentem sitam ante dictum palatium magnum iuxta bona Sancte Marie Anumptiate et stratam publicam emptam per dictum dominum Principem a nobile Petro de Feulo de Morano. appare come chiesa di Santa Maria Annunziata. Una sessantina di anni più tardi, nel resoconto di una visita pastorale del 1604 (citata dal Salmena), è menzionata come cappella dell'Annunciazione, dipendente dalla Chiesa di San Nicola. Purtroppo è piuttosto parco il vescovo nella descrizione della Cappella, limitandosi ad annotare la presenza di un solo altare e di tutto il necessario per le celebrazioni3. La presenza al suo interno nei secoli successivi della Congregazione del Purgatorio comportò la nuova denominazione.
Tracce ancora evidenti raccontano di un'originaria struttura con volta a botte, demolita con la sopraelevazione dell'edificio che ebbe quindi un soffitto ligneo. Via via si aggiunsero altari laterali per i quali furono realizzate pale con cornici lignee intagliate, di bottega calabrese, forse moranese, che accolsero tele seicentesche e settecentesche di pittori meridionali.
Quando gli Spinelli acquistarono il Purgatorio, affiancarono alle cappelle gentilizie già presenti (fra cui quelle dei De Carello e quella dei Sette Dolori dei De Feulo) la propria; fecero creare un nuovo ingresso laterale collegato con il Palazzo per accedervi direttamente, e dotarono la chiesa di un nuovo altare le cui vicende sono note più in dettaglio grazie a una serie di documenti conservati nell'Archivio di Stato di Napoli4.
L'altare maggiore fu commissionato in Napoli per volontà di Vincenzo Maria Spinelli nel 1795. Il clero della Maddalena inoltrò in ottobre al Principe una supplica chiedendo che esso fosse destinato invece alla Chiesa della Maddalena che non disponeva di denaro sufficiente per sostituire quello che già aveva, pure dono degli Spinelli, e che mal si adattava, per esser fatto di marmo nostrale, con i marmi forastieri degli altri altari e con la balaustrata che si andava a costruire dell'istesso marmo Napolitano; l'altare della Maddalena, si proponeva, sarebbe stato spostato nel Purgatorio. La Chiesa della Maddalena si sarebbe fatta carico delle spese per il trasporto dell'altare inviato da Napoli dalla marina di Cassano a Morano e quelle per lo spostamento dell'altro altare nel Purgatorio; avrebbe anche sostenuto il costo per la realizzazione dell’arme degli Spinelli. La richiesta di permuta fu accolta.
A sinistra l'altare della Chiesa del Purgatorio proveniente dalla Maddalena. Al centro l'aquila degli Spinelli priva ormai dello scudo con l'arme degli Spinelli-Pignatelli, distrutto a causa del crollo del tetto.
A destra particolare dell'altare maggiore della Maddalena installato nel 1796.
Altre rappresentazioni del blasone degli Spinelli nella Chiesa della Maddalena
Particolare dell'altare della cappella degli Spinelli, lo scudo partito Spinelli-Carafa in cuore dell'aquila coronata con volo abbassato. L'aquila bicipite coronata (concessa agli Spinelli di Scalea da Carlo V) sul frontone della facciata.
e nei suoi paramenti sacri
1. Dettaglio di tonacella in damasco con stemma Spinelli-Carafa.
Telaio napoletano, databile dopo il 1680.
2. Dettaglio di pianeta in broccato con stemma Spinelli-Cardenas (lupi disposti in fascia).
Telaio napoletano, databile dopo il 1745.
(foto di Leonardo Di Luca)
Vincenzo Maria Spinelli morì nel 1810, poco più di tre anni gli sopravvisse il figlio Francesco Gerolamo, sposato con Maddalena Caracciolo. Nel 1836 la Caracciolo concesse in uso la Chiesa del Purgatorio alla Confraternita del Sacro Monte di Pietà, che precedentemente aveva la propria sede nella Chiesa di San Pietro, con l'obbligo di pagare tasse e spese di conservazione e manutenzione. Qualche decennio dopo, persasi la concessione e avanzando il nipote (nato dal matrimonio fra la figlia Eleonora Spinelli e Pietro Lanza) richieste sulla Cappella, Antonio Salmena, membro della Congrega, ne depositò una copia presso il notaio Fedele Cozza (v. documento riportato, per il quale ringraziamo Carlo Coscia).
L'anno milleottocentosettanta, 1870, il giorno 10 Maggio in Morano Calabro
Vittorio Emanuele Secondo
Per grazia di Dio, e per volontà della Nazione
Re d'Italia
Avanti di noi Fedele Cozza del fù Antonio, Regio Notaro residente in questo Comune di Morano, collo studio sito sopra la piazza di San Nicola, ivi domiciliato, e dei sottoscritti Testimonj al numero e colla qualità prescritta dalla legge
Si è personalmente costituito
Il Signor Barone D. Antonio Salmena, del fù Dottor D. Domenico Proprietario Civile domiciliato in questo Comune di Morano maggiori d'età, e ben noti a noi Notaio, e Testimonj, il quale ci ha dichiarato di voler depositare presso di noi una Scrittura privata del dì tredici Marzo del milleottocentotrentasei contenente cessione di uso fatto dalla Signora Principessa di Scalea Donna Maddalena Caracciolo a favore della Confraternita del Sacro Monte di Pietà rappresentato dal Priore protempore D. Antonio da Rositi di una Cappella sita in questo abitato contrada Purgatorio, attaccata al Palazzo della detta Principessa, e di patronato della medesima, coll'obbligo alla Congrea sudetta di pagare la fondiaria secondo la matrice e quanto non potesse dico meglio non se ne potesse liquidare esattamente il quantitativo deve pagarne annui carlini trenta pari a lire dodici e centesimi settantacinque ammontare di quanto può prudenzialmente ascendere coll'obbligo ancora alla detta Congrea di pagare tutte le spese di conservazione, e manutenzione di detta Cappella e con altri condizioni racchiuse nella detta Scrittura.
Infatti esso signor Barone Salmena per l’attaccamento alla detta congrega onde non avverarsi qualche espressione dico dispersione in presenza nostra, e dei sottoscritti testimonj ci ha presentato la suddetta scrittura senza esserne munita di registro che ei abbiamo ricevuta, e rimane perciò depositata presso di noi Notaio, ed inserita nel presente atto di diposito, che all’uopo abbiamo rogato, e dopo monito di registro il presente atto, e la predetta scrittura contemporaneamente ne verrà da noi rilasciato copia ad ogni richiesta che ci verrà fatta di chiunque interessato.
Fatto, e pubblicato il presente atto in questo Comune di Morano Circondario di Castrovillari, Provincia di Calabria Citra, oggi in detto giorno, mese, ed anno, nel Palazzo del costituito Signor Barone Salmena qui sito alla piazza di San Nicola, e proprio nella Terza Stanza del quarto inferiore a sinistra entrante, con lettura a chiusa e intellegibile voce fatta alla parte costituita si dell’atto presente, che dell’allegata scrittura privata, in presenza dei Signori D. Giovanni di Leone fu’ Giacobbe Farmacista, e di suo figlio D. Francesco Sacerdote Secolare ambi domiciliati in detto Comune di Morano Testimonj richiesti non eccezzionati ben noto a noi Notaio, che conoscono la parte costituita, maggiorenne, rivestita di tutte le qualità legali; e dopo avvertita la parte medesima di che si tratta, e del tenore delle leggi tutte, analoghe al presente atto a cui si e pienamente uniformata l’abbiamo ottoscritto colla parte intesa, e testimonj
Barone Antonio Salmena
Giovanni Leone Testimonio
Francesco di Leone Testimonio
Fedele Cozza fù Antonio Notaio di Morano ha stipulato e impresso il segno del tabellionato.
La Chiesa rimase in uso fino ai primi decenni del '900. Quanto restava al suo interno, e non era già stato spostato prima – marmi smembrati del Purgatorio furono usati per lavori nella Maddalena - fu trasferito nella Chiesa della Maddalena. Come in altri casi, il venir meno dell'edificio, quantomeno nelle sue funzioni, portò con sé anche l'abbandono del toponimo da esso derivante di Contrada del Purgatorio (che proprio nel documento sopra trascritto ritroviamo).
Divenuta proprietà della Curia, nel 2000 fu messa in vendita e acquistata da privati. Con un ulteriore passaggio nel 2005 è diventata proprietà della famiglia Bloise e affidata in comodato gratuito al Nibbio per la realizzazione del progetto "Purgatorio Music Lab", laboratorio permanente di musica e arti visive.
Le opere all'interno
La chiesa, di pianta rettangolare e a una sola navata, aveva sei altari laterali, tre a destra e tre a sinistra, con pale con cornici lignee che racchiudevano opere pittoriche di artisti meridionali del diciassettesimo e diciottesimo secolo. Le tele, per lo più anonime, con l'esclusione di una del mormannese Angelo Galterio, furono molti anni conservate nei depositi della Sovrintendenza, quattro di esse rientrarono nella Chiesa della Maddalena per l'interessamento dei curatori della mostra di Arte Sacra allestita nella Chiesa del Carmine.
Eccole col supporto dell'Inventario degli Oggetti d’Arte d’Italia del Ministero dell’Educazione Nazionale, Direzione Generale Antichità e Belle Arti, redatto nel 1933 (foto di Nicola Bloise).
Le altre due tele nell'Inventario:
MADONNA DELLE GRAZIE, circondata da S. Anna che porge un fiore al Bambino e da S. Giuseppe. Dimensioni: m. 2,05 x 1,80. Pittore di scuola napoletana del sec. XVII. Raffigura la Madonna con S. Anna che porge un fiore al Bambino e da S. Giuseppe.
MADONNA DEL CARMINE, in basso i Santi Pietro, Paolo, e Antonio da Padova. Tra i due Santi è dipinto uno stemma (diviso in fascia con sopra un corno da caccia e tre stelle, inferiormente due vasi con piante). Tela, m. 2,10 x 1,80. Lavoro di scuola meridionale della fine del sec. XVII o poco dopo.
1. Il nome dei Sanseverino è per la prima volta associato a Morano in un privilegio concesso da Ladislao Durazzo nel 1399 a Venceslao Sanseverino (il documento è trascritto in Lorenzo C. Curti, Lineamenti e documenti di storia feudale, Grafica Pollino, Castrovillari, 2014); in esso si stabiliva che allo stesso Venceslao sarebbe andata la baronia di Morano qualora fosse tornata alla Regia Corte in assenza di eredi dell'ultima Fasanella avente titolo, Luisa. La condanna a morte di Venceslao per tradimento nel 1405 ritardò il passaggio.
Fra le rivolte contro i d'Angiò-Durazzo prima e quelle contro gli aragonesi poi, i Sanseverino si videro più volte concessi e confiscati i feudi, fino agli inizi del Cinquecento, quando la situazione si stabilizzò.
Con certezza il primo Sanseverino a Morano fu Antonio, Duca di San Marco, probabilmente dal 1439 (cfr. Curti, cit.), sicuramente prima del 1452, anno in cui per sua volontà s'iniziò la costruzione del Monastero di San Bernardino. Qualche anno prima della sua morte, nel 1457, investì della baronia di Morano il primogenito Luca. Con i suoi successori, Girolamo e Bernardino, che si schierarono a favore dei francesi contro Ferdinando I, i feudi furono confiscati; saranno poi riconcessi nel 1506 a Bernardino che poté farvi ritorno nel 1510.
Nel 1516 a Bernardino subentrò Pietro Antonio. Alla sua amministrazione risalgono ampliamenti del castello, la costruzione del Palazzo all'ingresso del paese e della tenuta di caccia in Campotenese, interventi all'interno di San Bernardino.
Con Niccolò Bernardino, nato a Morano nel 1541, e morto nel 1606, si esaurì il controllo della famiglia Sanseverino su Morano. A causa del forte indebitamento del Principe, i suoi feudi furono affidati a curatori regi. Ettore Spinelli, Principe di Scalea, che nel 1610 aveva acquistato la rendita di Morano, ne rilevò la baronia nel giugno del 1614 per 90.000 ducati.
2. Già con Antonio Sanseverino, duca di S. Marco, si avvia la costruzione di San Bernardino, il restauro di Santa Maria delle Grazie e l'edificazione, su di essa, della Chiesa di San Nicola.
3. "Cappellae qui sunt fiiales Ecclesiae Sancti Nicolai […] Tandem Visitavit Cappellam Annunciationis Gloriosae Virginis collocatam subtus dictam terram in frontispitio palaty Exscellentissimi Principis Bisiniani quae habet unum tantum Altare bene provisum de necessarys pro celebratione Missae in quo licet non adsit ullum onus celebranti, ex devotione tamen saepe celebratur" (Antonio Salmena, Morano Calabro e le sue case illustri, Milano, 1882, p. 49)
4. Consultabili in copia presso l'Archivio Magnelli.