CARLO FERRARI
Guardando nelle “carte di Carlo” (nella comunità moranese conosciuto come “don Carluccio”) prende corpo la vita di un uomo vissuta pienamente, caratterizzata da una modestia forse senza pari. Ma cosa sono le “carte di Carlo”? Sono i vari titoli, encomi, riconoscimenti, ricevuti via via nel corso della vita (in primis la laurea di medicina e chirurgia ripiegata da lui stesso in quattro) e riposti in una cartella. Documenti con i quali altri avrebbero ricoperto le pareti dello studio e del salotto di casa. Ma lui no. Carlo Ferrari le ha classificate come “carte di Carlo”. Niente di più. Era il valore che dava ai titoli. Da ciò emerge la figura di un uomo che preferiva essere piuttosto che apparire. E il suo essere è stato ampiamente apprezzato dalla comunità di Morano la cui stima si manifestò con la sottoscrizione pubblica fatta per lenire il dolore dalle infamanti accuse di aver provocato la morte di una persona. Le accuse, mosse contro di lui da mano anonima, caddero quando l’autopsia dimostrò la sua totale estraneità all’accaduto. Con la raccolta fondi, i numerosissimi aderenti alla sottoscrizione comperarono un orologio d’oro a sancire l’immutata stima per “don Carluccio”.
Partito come soldato di leva, fu posto in congedo illimitato il 28 ottobre 1915. Un mese dopo fu richiamato alle armi per mobilitazione e giunse il 28 novembre alla scuola per ufficiali di Modena per il corso di sottotenente di complemento. Dopo il breve periodo del corso, il 28 marzo 1916 arrivò nel territorio dichiarato “zona di guerra” come aspirante ufficiale di complemento nel 142° reggimento fanteria (brigata Catanzaro). Qui inizia una di quelle avventure a dir poco stupefacenti. Nel corso dei combattimenti sul Carso cui partecipò, fu colpito in pieno petto da una pallottola nemica e rimase sul campo di battaglia privo di sensi. Dato per morto, fu raccolto dalle milizie austriache che sgomberavano il campo di battaglia dai cadaveri. Durante il tragitto che separava i caduti dal luogo di sepoltura una crocerossina austriaca udì alcuni lamenti che venivano dal carro contenente i corpi; si accorsero così del soldato italiano gravemente ferito. Fu curato dai medici austriaci e il 1° giugno 1916 giunse la notizia che era prigioniero di guerra. Dopo la rotta di Caporetto, il 20 dicembre 1917 venne liberato come invalido. Forse pensava che la guerra per lui fosse finita ma lo stesso giorno, rientrato nelle file italiane, fu destinato al 19° reggimento fanteria. Il 25 agosto del 1918 venne elevato al grado di tenente. Con tale grado fu posto in congedo illimitato provvisorio nel novembre 1919. Nelle “carte di Carlo” non ci sono lettere scritte dal fronte o da lui ricevute. Queste, presumibilmente, sono rimaste nella vecchia casa paterna ed ora, forse, andate perdute per sempre.
Finita la guerra Carlo Ferrari conseguì la laurea in Medicina e Chirurgia a Napoli. Pur appartenendo a una classe non soggetta a mobilitazione, fu egualmente richiamato allo scoppio della seconda guerra mondiale in quanto medico. Così partecipò anche all’altro conflitto… ma questa è un’altra storia.
Dalla copia dello stato di servizio:
Foto di gruppo
Fonti: Archivio privato della famiglia Ferrari